Nell’aprile scorso una via di uscita da questa pandemia sembrava essere all’orizzonte. I casi di Covid-19 erano in discesa negli Stati Uniti e in Gran Bretagna con indizi di discesa anche per il resto dell’Europa.

Sembrava che questa tendenza potesse allargarsi a livello globale e condurre l’epidemia alla fine.

Poi improvvisamente in India si manifesta una seconda pesante ondata epidemica causata da una nuova variante del virus oggi nota come delta.

Questa variante si diffonde poi in molti altri paesi e le infezioni riprendono a salire anche negli Stati Uniti in Gran Bretagna e a seguire in UE.

La domanda che ci si pone a questo punto è se questo schema si ripeterà e se evolveranno altre più pericolose varianti nonostante le campagne di vaccinazione in atto. La risposta è quasi certamente si. Le varianti continueranno ad emergere dicono gli esperti dell’Università di Cambridge.

Il coronavirus SARS CoV-2 muta abbastanza lentamente in confronto ad altri virus simili. Per questo si sperava inizialmente che il virus non sarebbe cambiato di molto e che l’epidemia avrebbe raggiunto una fine una volta che la popolazione avesse acquisito l’immunità con la vaccinazione o infettandosi.

È oggi evidente che questa speranza non ha fondamenti. Il SARS CoV-2 ha continuato ad evolversi sin dall’inizio. La maggioranza delle mutazioni sono irrilevanti per il comportamento del virus o lo danneggiano e vengono scartate nel processo evolutivo.

Nel marzo 2020 però una mutazione denominata D614G emerge manifestando un grado di infettività più elevato del 50%. La D614G diventa in poco tempo la variante dominante. In settembre 2020 una variante con 23 mutazioni compare in Gran Bretagna poi prenderà il nome di variante inglese o alpha. È a sua volta il 50% più infettiva della D614G e si diffonde diventando la variante dominante. Di recente è emersa delta o variante Indiana che oltre a conservare una elevata capacità infettiva è in grado in una certa misura di evadere l’immunità acquisita con la vaccinazione o con la guarigione dalla malattia.

Altre due varianti beta e gamma sono sotto studio per la capacità di evadere l’immunità acquisita.

L’aumento di infettività è la proprietà più preoccupante nella evoluzione delle varianti perché le rende molto più difficili da controllare. Un virus che si trasmette più facilmente ucciderà più soggetti anche se è meno virulento perché infetterà più persone.

Una alta trasmissibilità implica una maggiore percentuale di immuni in una popolazione per arrivare alla immunità di gruppo. Si pensa che con la variante delta sia necessaria una immunità del 90% della popolazione contro il 70% del virus originale per raggiungere l’immunità di gruppo (alcuni epidemiologi sostengono che con delta l’immunità di gruppo non è raggiungibile).

A peggiorare le cose c’è anche il fatto che una maggiore infettività è spesso legata ad una maggiore capacità di evasione immunitaria. Se infatti il virus si moltiplica più velocemente il carico virale più alto che si crea richiederà più anticorpi per la neutralizzazione. Una immunizzazione in grado di rispondere a varianti precedenti meno infettive può essere sopraffatta dal carico virale di varianti più infettive.

La buona notizia è che è verosimile pensare che ci sia un limite alla infettività che un virus può sviluppare.

Il punto cruciale è stabilire in quanto tempo si raggiunge questo limite. Potrebbero essere necessari anni se non decenni e non abbiamo una idea di quanto con la variante delta siamo vicini a questo limite. Alcuni gruppi di lavoro pensano che ci sia anche un limite per la capacità di evasione immunitaria. Gli anticorpi più efficaci si attaccano a parti specifiche della proteina spike del virus che è la componente essenziale nel processo di infezione. È logico pensare che gran parte di questa proteina sia altamente conservata e non possa cambiare molto pena la perdita della sua funzionalità.

Purtroppo, studi recenti all’università di Seattle (J. Bloom) sembrano indicare che non è così e che la spike può cambiare e di molto senza pregiudicare la sua funzionalità.

Prima di conoscere questi risultati non era chiaro se i coronavirus pre-esistenti nell’uomo come quelli che causano il raffreddore persistono nella popolazione perché la nostra immunità è di breve durata o perché continuano ad evolvere ed evadono l’immunità.

I risultati della ricerca della Università di Seattle indicano chiaramente che la persistenza di questi coronavirus è dovuta al continuo emergere di varianti che evadono l’immunità.

Nel caso il SARS CoV-2 evolva come i coronavirus del raffreddore continuerà a produrre varianti in grado di sfuggire all’azione degli anticorpi. Nelle attuali attese scientifiche si pensa che questo processo possa continuare senza fine. Altri virus come quello dell’influenza non si comportano in questo modo. Cambiano ma solo per ricombinazione.

Potrebbero non solo non esserci limiti alla produzione di varianti ma anche una crescente pressione evolutiva che favorisce l'emergere di mutazioni in grado di evadere l’immunità.

Per l'evoluzione di un virus sono necessarie due condizioni. Primo il virus deve mutare all'interno dell'organismo che lo ospita e secondo deve poter diffondersi in altri organismi.

Se un soggetto che non ha immunità al coronavirus respira un'alta quantità di virus questo può facilmente riprodursi nella parte alta delle vie respiratorie. Una mutazione che induce un aumento di infettività, come ad esempio la D614G, sarà avvantaggiata. Si replicherà più rapidamente del virus originale e avrà una probabilità più alta di essere trasmessa ad altri soggetti. In questo caso però mutazioni che riducono l'efficacia degli anticorpi non saranno avvantaggiate perché' il soggetto non ha immunità.

Il vantaggio di mutazioni che evadono l’immunità ci sarà solo nel breve lasso temporale in cui comincia la produzione di anticorpi da parte del sistema immunitario.

La campagna di vaccinazione in atto sta introducendo immunità nella popolazione così come le guarigioni dalla malattia.

In soggetti con un alto livello di anticorpi il carico virale introdotto con la respirazione viene rapidamente abbattuto. Una condizione questa dove le mutazioni non possono avvenire. Purtroppo, l’immunità indotta dai vaccini o dalla guarigione e solo parziale per varie ragioni come una sola dose ricevuta o un vaccino poco efficace o per un sistema immunitario compromesso o altro.

In questi soggetti gli anticorpi seppure in numero limitato sono presenti già all'inizio dell'infezione. Ogni mutazione che consente di avvantaggiarsi contro questi anticorpi prenderà rapidamente il sopravvento sulle altre varianti del virus acquisendo così una più alta probabilità di essere trasmessa ad altri.

Quando il livello di immunità in una popolazione è basso (popolazione non vaccinata ad esempio) c’è una pressione selettiva trascurabile per le variati che evadono l’immunità.

Quando il livello di immunità è molto alto diventa difficile per il virus diffondersi. Anche se emerge una variante in grado di evadere l’immunità non avrà spazi di diffusione rilevanti.

È tra questi due estremi che le varianti che evadono l’immunità trovano l’opportunità di evolvere e diffondersi. La situazione in Italia è oggi probabilmente di questo tipo con livelli di vaccinazione abbastanza alti e un numero di casi abbastanza alto e in crescita.

Questa situazione è oggi abbastanza diffusa in molti paesi e la possibilità che emergano varianti che evadono l’immunità è ben presente.

Inoltre, se un soggetto si infetta con più varianti o con SARS CoV-2 e uno dei coronavirus umani del raffreddore i genomi dei due virus possono fondersi con un processo detto ricombinazione e creare degli ibridi. Non è possibile prevedere dove o quando questo avverrà e quanto pericoloso possa essere.

Tuti concordano però sul fatto che meno casi ci sono minore è la probabilità che questo accada. La migliore strategia per evitare l'emergere di varianti che evadono l’immunità è di tenere il più basso possibile il numero di infetti vaccinando la popolazione il più rapidamente possibile. Se abbastanza persone vengono vaccinate e presentano una forte risposta immunitaria si può arrivare alla condizione dove la produzione di varianti evasive è sufficientemente ridotta. Questo evidentemente non può ottenersi con l'infezione naturale cioè lasciando infettare la popolazione senza restrizioni.

È stato dimostrato che i vaccini producono anticorpi più specifici ed efficaci dell'infezione naturale. In altre parole, sembrerebbe più difficile per il virus evadere l’immunità vaccinale che non quella naturale.

Oltre ad evadere l’immunità le nuove varianti potrebbero risultare più mortali. Benché' si pensi che un virus diventi meno mortale nella sua evoluzione in una popolazione con SARS CoV-2 questo sembra non essere il caso. I dati attuali paiono indicare il contrario e ci sono buone ragioni per credere che il tasso di mortalità di SARS CoV-2 sia in crescita.

Alcuni studi suggeriscono che la variante delta sta sviluppando la capacità di infezione diretta da cellula a cellula senza passare per il flusso sanguigno consentendo in questo modo di cortocircuitare gli anticorpi che sono nel sangue. Questo può dar luogo alla fusione delle cellule producendo gravi danni tissutali. Per il momento questo tipo di trasmissione è stato osservato solo in vitro e non ancora in vivo.

Una delle ragioni per la quale i virus respiratori diventano meno letali nel tempo è nel fatto che si specializzano all'uso dei tessuti delle vie respiratorie superiori. Usare i tessuti delle vie respiratorie superiori presenta il doppio vantaggio della facilità in entrata per infettare il soggetto e in uscita per disseminare l'infezione nella popolazione.

I recettori cellulari per SARS CoV-2 sono però presenti anche nei tessuti delle vie respiratorie profonde e pertanto il processo di riduzione di letalità per specializzazione alle vie respiratorie superiori non si realizza nel caso del Covid-19.

La perdita di efficacia dei vaccini in uso sembra diminuire lentamente con il processo di produzione delle varianti e si spera che questi possono mantenere una utilità ancora per un ragionevole lasso di tempo. L'erosione della capacità di riconoscimento anticorpale sembra essere lineare e potrebbe richiedere un lungo accumulo di mutazioni prima di essere seriamente compromessa.

Se questo è il caso almeno nei paesi più sviluppati dovrebbe esserci il tempo per sviluppare e distribuire nuovi vaccini (boosters) prima che emergano varianti in grado di evadere seriamente l’immunità.

Alcune aziende farmaceutiche hanno già in preparazione questi nuovi vaccini contro le varianti note.

È anche possibile sviluppare vaccini in grado di proteggere contro un ampio spettro di varianti.

Il punto dolente è che ad oggi solo il 14% circa della popolazione mondiale è pienamente vaccinato.

Con la variante delta in rapida diffusione su scala globale la situazione peggiorerà e di molto.