Lo scopo di questo scritto è quello di presentare a un lettore curioso lo stato attuale della conoscenza media su argomenti che ci riguardano, ponendo allo stesso tempo un certo numero di domande e possibili risposte a situazioni che si presentano quando ci si sofferma a considerare la nostra esistenza.
Dell'universo possiamo dire che volumi e volumi sono stati utilizzati nel tentativo di descriverne l'origine, fin dall'antichità. Saggi, cartomanti e chiaroveggenti si sono alternati sul palco, tra teorie e pettegolezzi. Attualmente, e in sintesi, tutte le cosmogonie religiose e scientifiche concordano nell'affermare che questo colossale dispositivo sia emerso dal nulla e in assenza del tempo e dello spazio. Che le religioni lo affermino non fa notizia, dato che per definizione il suo creatore è stato Dio, il quale può tutto grazie alla sua onnipotenza. Per la scienza il passo è più complicato poiché il nulla non trova posto nel campo della fisica. Si è tentato, di conseguenza, di dare alla cosa un significato più accettabile postulando che la sua comparsa fosse dovuta a un turbamento di una situazione preesistente in cui prevalevano alcune leggi generali non meglio definite. Chiaramente non quelle della fisica, che sono nate con la comparsa del tempo e dello spazio.Secondo la teoria attualmente più accettata, il Big Bang, l'intero processo della nascita del cosmo inizia da un punto di dimensione zero in cui si trovava una quantità di energia praticamente illimitata. Non ho utilizzato il termine “infinito” per evitare di cadere in un altro concetto estraneo alla fisica, restando solo in ambito matematico. Eliminando questo misterioso peccato originale e sviluppandolo a partire da qualcosa di leggermente posteriore a tempo = 0, le cose sono più accettabili. Alla base di tutto questo castello di congetture c’è qualcosa di ragionevole: tenere conto dell’attuale espansione dell’universo e riavvolgere matematicamente il tempo quasi fino a zero nelle equazioni che lo governano. Perché “quasi” zero? Perché come abbiamo detto t=0 è un'astrazione. Con questi presupposti, necessari ma indimostrabili, nascono il tempo, lo spazio e le leggi della fisica. È una questione di fede. Altre cosmogonie postulano una nascita diversa per lo stato originario, ma poi adottano lo stesso percorso di sviluppo.Secondo me, si è cercato di dare una risposta più o meno accettabile al nostro dubbio esistenziale, e questo ci dovrebbe bastare. Pragmaticamente possiamo dire che l'universo esiste. Punto.
Pur accettando il postulato precedente, c'è qualcosa che nessuna di queste teorie ha preso nella dovuta considerazione: quale sarebbe l'oggetto di tutto lo sforzo della creazione o nascita di questa colossale macchina? Qual è la sua ragione d'essere? Sotto il punto di vista squisitamente logico, esiste la possibilità che l’universo non abbia uno scopo: se si trattasse della conclusione di un evento precedente invece che di qualcosa di originale. Da qui in avanti dovremmo concentrarci sul fatto precedente. L’esimio fisico Stephen Hawking, postulò che all’origine del Big Bang ci fosse stata una perturbazione (singolarità) delle leggi naturali esistenti. Senza meglio precisare quali esse fossero.
Focalizzando il problema in questi termini, anche la ricerca di qualche spiegazione più accettabile sulla sua origine scende ad un livello di importanza inferiore.
Prima di proseguire con la nostra analisi, è bene ricordare che l’età accettata dell’universo è stimata in circa tredici miliardi di anni, che rispetto a quella del nostro pianeta, cinque miliardi di anni, solleva una domanda immediata: cosa è successo durante gli otto miliardi di anni trascorsi prima che apparisse la Terra? Tutto suggerisce che l'universo abbia continuato la sua espansione senza sosta, legata al progressivo raffreddamento dell'energia che lo costituisce e da cui si nutre, e alla nascita e morte di altre stelle e galassie. Durante quel periodo ci sarà stato qualche osservatore che avrà sollevato i nostri dubbi? Egli esisterà ancora?
Con l'intenzione di chiarire questi pensieri, non posso fare a meno di ricordare la mia giovinezza e la posizione di un mio caro amico che mi pregava di non approfondire questi argomenti, perché il nostro essere non era preparato a conoscere le sue risposte. La mia risposta non si era mai fatta attendere: il problema non sta nel nostro hardware, ma nel nostro software, dal momento che dobbiamo accettare di essere semplicemente ignoranti. Nel senso etimologico: ignoriamo e quindi non sappiamo.

Una posizione filosofica arcaica ritiene che l'oggetto del creato siamo noi stessi, come testimoni e soggetti della magnificenza del creatore. Oggi non è ampiamente accettata, ma all’epoca servì come base di molti dogmi.
Senza arrivare a dire che la vita non dovrebbe essere un incidente nel progetto cosmico, dobbiamo tener presente che senza un vero osservatore si potrebbe addirittura postulare la non esistenza dell’universo. Pianeti, sistemi solari, galassie e nebulose ruoterebbero e si espanderebbero in omaggio a cosa? In attesa di essere inghiottiti da qualche buco nero e ritrasformati nella stessa energia che li ha generati?
Pertanto, una base di ricerca consiste nel presupposto che la vita sia parte del progetto complessivo.
Ho detto vita. Non noi come esseri intelligenti e in linea da principio unici. No. Si tratta di qualcosa di molto profondo, permeato nella radice stessa della materia.
Anche su questo argomento è stato scritto molto, e una delle prime ipotesi consisteva nel supporre che avremmo potuto essere stati seminati dall’esterno del nostro pianeta. Possibile, anche se non l’ho mai ritenuto accettabile. Viene subito da chiedersi chi abbia seminato i seminatori.
Vita.
Essa, secondo l'antropologia accettata, è apparsa sulla Terra circa tre miliardi di anni fa, cioè quando il pianeta esisteva da due miliardi di anni.
Ambientata in quel momento, la Terra stava cominciando a raffreddarsi dal suo passato di palla di fuoco. Chiariamo: solo per irraggiamento, vista la mancanza di un'atmosfera a cui trasmettere la propria energia termica. Come vedremo più avanti, questa atmosfera si formò molto tempo dopo. Dobbiamo aspettare la nascita dei mari.
La vita è nata.
Emergono a questo punto diverse scuole: c'è quella che sosteneva una generazione spontanea della vita, per aggregazione dei prodotti chimici fondamentali che la compongono, promossa dalla radiazione esterna che non mancava. E ci sono stati diversi esperimenti che hanno cercato di dimostrare tali ipotesi. Fortunatamente nessuno di loro è riuscito a dimostrare la loro veridicità perché, se così non fosse stato, sarebbe rimasto loro il problema di ottimizzare la vita e il suo sviluppo come forme superiori.

Come vita dobbiamo intendere qualcosa capace di nascere, nutrirsi, crescere, riprodursi e morire. Senza voler apparire illuminato, non trovo alcuna difficoltà ad affermare che tutto ciò è dovuto ad un progetto originale. A una sorta di DNA, elementare quanto si vuole, ma dotato delle informazioni necessarie per creare e riprodurre la vita. Insomma, assistiamo alla nascita di una ameba madre.Si tratta di prospettare un progetto che avrebbe potuto resistere alla temperatura del magma iniziale che costituiva il nostro pianeta, e che avrebbe dovuto essere registrato in qualche modo su qualche supporto opportuno ma sconosciuto.L'algoritmo creatore.
Un messaggio software registrato in qualche elemento hardware. Quale supporto fisico avrebbe potuto essere fornito a un’azienda del genere? Ho proposto questa domanda a Cartesio, il mio insegnante di logica. La sua risposta è stata immediata: la materia. Perché? Perché era l'unica cosa che esisteva.
In altre parole, il messaggio della vita è racchiuso in qualche meandro della materia. Questo presupposto, sul quale ritorneremo nel campo della fisica, ci porta molto lontano. Ad esempio, a poter garantire che la vita possa apparire ovunque nell’universo dove esiste la materia, cioè ovunque nel cosmo che abbia le condizioni necessarie per il suo sostentamento.
Questo postulato ci riempie di amore universale, solo pensando a qualcuno che ci accompagna in questa valle di lacrime. Ma questo principio è permeato di corollari molto restrittivi.
Per apparire sul nostro pianeta, ha dovuto aspettare due miliardi di anni finché la sua superficie non si è raffreddata abbastanza da consentire alla materia organica di sopravvivere. Chi ha proposto di aspettare? Le stesse informazioni che hanno portato alla comparsa della vita. Il messaggio nascosto restava latente, come una spora, in attesa che le condizioni circostanti ubbidissero al suo progetto. Temperatura, diminuzione della radiazione esterna, presenza di acqua, carbonio, azoto, fosforo e poi calcio ed altri. Non ci vuole molto per supporre che i primi esseri fossero anaerobi e, a maggior ragione, che producessero come scarto l'ossigeno presente nella nostra atmosfera nei miliardi di anni successivi.

Più sopra abbiamo detto che non conosciamo lo scopo dell'esistenza dell'universo, e ora potremmo dire che è molto difficile accettare che esista senza qualcuno che funzioni come osservatore. Quanto detto può apparire come un atto presuntuoso, ma da un punto di vista puramente logico ha comunque un contenuto reale. Naturalmente, lo sarebbe ancora di più se conoscessimo i suoi piani o la sua missione.
Finora abbiamo parlato della vita tout-court, senza sottolinearne le forme o le caratteristiche. Solo qualcosa in grado di riprodursi, ma che non può fungere da osservatore dell'universo. Torneremo più avanti su questa linea di pensiero.
Tornando al discorso sul messaggio di vita contenuto nella materia, bisogna ricordare che anche altri agenti avrebbero potuto fungere da portatori. Pensiamo ad esempio ai raggi cosmici o ai neutrini, poiché l'universo ne è permeato anche di loro.
Se manteniamo la nostra attenzione sulla materia come emittente del messaggio, dobbiamo mettere in gioco il modello dell'atomo, poiché un tale messaggio può trovarsi solo al suo interno. Il modello atomico su cui ci basiamo è quello proposto da Bohr e Schròdinger, che si è dimostrato corretto durante tutte le esperienze e attività nel campo dell'energia nucleare. Da parte nostra, lungi dal contraddirlo, potremmo tutt'al più postulare che esso possa essere completato con ulteriori elementi. Questo non è un problema, poiché la composizione del nucleo atomico è una continua rivoluzione colma di battute d'arresto. Il tutto promosso in gran parte dall’ingresso prepotente del quantismo. Ed è nei meandri di questi accessori che si troverebbe il nostro messaggio. Alla portata di qualsiasi chiamata da qualsiasi parte dell'universo, essendo la materia uno dei suoi componenti principali.

Per cercare di completare questo quadro dobbiamo risalire alla cosmogonia che descrive la nascita dell'universo. Ci racconta di una quantità indescrivibile di energia liberata negli istanti successivi al Bang, e che solo dopo molto tempo ha cominciato a raffreddarsi dando origine al suo processo di condensazione in materia: nucleoni, ioni, atomi, molecole, ecc. E se in quest'ultima c'è un messaggio di vita, vuol dire che era già nell'energia preesistente alla sua comparsa, dato che nulla lascia immaginare alcun processo intermedio. In conclusione, dobbiamo accettare che questo messaggio sia nato nello stesso momento in cui è nato l'universo. Notevole. Questo postulato ci fornisce una spiegazione plausibile del fatto che non è necessario alcun atto successivo che agisca come creatore della vita. E aggiungiamo che il grado di accettabilità di questa teoria è lo stesso che attribuiamo alla cosmogonia del Big Bang, dato che non abbiamo introdotto alcun elemento nuovo che la supporti o la contraddica.
Stavamo parlando dell'Algoritmo Creatore.
In cosa consiste? È un programma di ottimizzazione della vita, basato sulla promozione e perpetrazione della riproduzione e della sussistenza di tutte le specie viventi. Il DNA è la sua banca dati in cui registra tutte le variazioni che hanno dato origine alla nascita delle specie e alla loro evoluzione.
Le nuove specie nascono per mutazione di una precedente e sono soggette ad un'evoluzione promossa e regolata dall'habitat in cui vivono e si moltiplicano. La riproduzione consiste né più nemmeno che nella ristampa del DNA, in tutte le specie viventi. È lui che trasmette la vita, anche se ad un primo esame appare come un dettaglio. In parole semplici, non sono gli esseri viventi a riprodursi, bensì il DNA di cui appaiono proprietari.
L'evoluzione non ha la capacità di generare una nuova specie, ma piuttosto di favorirne l'esistenza nell'ambiente in cui vive perché, se così fosse, ogni specie darebbe immediatamente origine ad una nuova, facendo scomparire le precedenti. L'evoluzione non può aggiungere elementi negativi che ostacolino la vita delle specie. Questo concetto ha finito per minare le basi dello splendido lavoro di Darwin sull'argomento. Non ha mai spiegato la presenza dei Sapiens, soprattutto a causa della loro nudità. A differenza di scimmie simili o precedenti, in un ambiente caratterizzato dal freddo intenso del suo habitat, l'evoluzione avrebbe dovuto dotarlo di una pelliccia ancora più folta.
E riguardo alle mutazioni? Si tratta di alterazioni nella composizione del DNA, causate da agenti esterni come le radiazioni e le condizioni fisico-chimiche dell'habitat. Purtroppo per chi ne soffre, possono comparire anche in modo casuale a causa dell'elevato numero di ristampe del DNA (legge dei grandi numeri), causando quelle che tristemente conosciamo come malformazioni. Anche l'importanza di una mutazione è casuale, a seconda del tipo e della posizione del gene alterato nella doppia elica. Se si tratta di un gene secondario, può dare origine a variazioni più o meno vistose come il colore dei capelli o il bianco delle unghie, ecc., mentre se interessa un gene importante, può dare luogo a vere e proprie rivoluzioni del sistema genetico della specie. Spetta all'habitat tollerarli e favorirli o scartarli. In ogni caso, la prima decisione sulla sua validità spetta alla placenta all'interno dell'utero delle femmine di tutte le specie. Se questa alterazione sfida i canoni basilari, lei provvede a distruggere il prototipo, provocandone un aborto prematuro.
Infine, un altro argomento di interesse e fonte di disaccordo è costituito dalla composizione chimica della vita. Sappiamo che il nostro si basa sui legami C-H, ma alcune scuole hanno postulato che altre manifestazioni di vita al di fuori della Terra potrebbero essere basate su altri elementi, come i legami Si-H, e questo è stato sufficientemente affermato. Da parte nostra, manteniamo la probabilità che le manifestazioni di vita esterna, se esistono, siano basate su composti derivati dalle unioni tra carbonio e idrogeno, data l'abbondanza di entrambi nell'universo e la presenza di composti della stessa natura presenti negli asteroidi e nelle comete. Anche questo concetto basilare deve appartenere alle istruzioni registrate nell'Algoritmo Creatore.
Nei paragrafi precedenti ho cercato di sottolineare lo stato attuale delle cose, anche se in modo non esauriente, per quanto concerne le caratteristiche originali dell’universo, e l’enunciazione della teoria dell’Algoritmo Creatore. Quest’ultimo come promotore e curatore di tutte le specie di esseri viventi, sia animali che vegetali. Abbiamo rimarcato il fatto che a riprodursi sia il DNA, mediante le sue successive ristampe e non gli esseri che lo posseggono. Tra le righe appare che non sia molto importante quale specie sopravvivrà alle difficoltà e catastrofi dell’esistenza, quanto invece la presenza del DNA che trasmettono, vero pilastro della vita. Da quest’ultima considerazione emerge la notevole similitudine tra i DNA delle diverse specie: notare che quello di un verme non differisce dal nostro in più del 2%. Perché allora esistono tante specie di viventi? Perché l’Algoritmo non conosce né può prevedere le difficoltà che ognuna di esse troverà nel proprio percorso durante la sua evoluzione, né le variazioni del habitat. E a quello si deve che le protegga e ottimizzi in uguale misura. È sufficiente che sopravviva una specie perché sopravviva il DNA. E questo è il suo compito: trasmettere il messaggio o istruzione ultima, contenuto in qualche parte ancora ignota tra tutto quello che c’è di comune in tutte le sue versioni (il suo nocciolo duro).
Il significato di questa ostinazione apre altri capitoli di indole filosofica o metafisica che sfuggono allo scopo di questo scritto, dato che s’innestano nella relazione reale o supposta tra l’universo e la vita, e quindi esulano da questo contesto focale. Non escludo comunque che possano far parte di qualche mio appunto futuro.