Lo scopo di questa nota consiste nel presentare ai lettori i dettagli che caratterizzano, a mio avviso, questi argomenti d’interesse alla luce della mia esperienza professionale e personale. Nessuna intenzione dottorale, quindi, ma piuttosto un profondo desiderio di diffondere concetti che promuovono l'interesse generale verso questi importantissimi aspetti, indirizzato a ogni persona appartenente alla nostra società umana.

Credo che ci sia lo spazio e l'opportunità per aggiungere qualche concetto che affronti gli argomenti da me proposti in modo semplice ed efficace, senza cadere in nessuna retorica opportunistica, cercando di presentare situazioni non sempre chiaramente spiegate né esplicitate.

Possiamo iniziare questa conversazione scritta citando le ragioni principali che stanno dietro a ogni scoperta scientifica: una fortunata e professionale lungimiranza dell'argomento scelto come oggetto della ricerca (studio delle opportunità di mercato e relativa redditività); una scelta intelligente del metodo da seguire e del materiale di supporto di base (corretta dotazione dei laboratori); costanza e professionalità del personale specializzato nell'esecuzione del lavoro; finanziamenti adeguati per evitare interruzioni e ritardi della presentazione dei risultati; una gestione ottimale che sappia valorizzare e stimolare le capacità del personale, la gestione dei rapporti esterni al laboratorio e la registrazione e pubblicazione periodica (gratuita o vincolata) dello stato di sviluppo delle attività rispetto al programma previsto.Prima di proseguire nella disamina è doveroso accennare alle caratteristiche che accomunano e differenziano la ricerca pubblica da quella privata, attualmente molto interconnesse.

Al primo gruppo vengono assegnati gli obiettivi di fondo legati alla necessità di far progredire la conoscenza nei diversi rami della scienza, in generale a medio e lungo termine, e con una certa libertà di movimento dei responsabili (scientifici e amministrativi), sostenuti da finanziamenti garantiti nel tempo e pianificati per ogni specifico programma. In questo caso sono previste pubblicazioni periodiche dei risultati, che dovranno fungere da stimolo e propedeutica per il successivo lavoro svolto dalla ricerca e dalla didattica privata (prevalentemente universitaria).

L'investigazione privata si occupa invece di argomenti di interesse focalizzati sulla situazione attuale o nel medio o breve termine. La decisione degli argomenti da trattare è affidata ad un'analisi dettagliata del mercato - marketing, in cui la redditività dei risultati gioca un ruolo predominante. La pubblicazione sullo sviluppo e sull'avanzamento del lavoro è generalmente limitata e destinata alla diffusione interna. Quando il motivo dell'indagine appartiene a un tema di immediato interesse pubblico, il finanziamento statale a fondo perduto non è escluso ma piuttosto necessario, visto che in questo caso gli interessi coincidono. Accordi tra le parti possono regolare l'eventuale ricaduta diretta dei risultati allo Stato, con o meno la partecipazione alla distribuzione di eventuali utili.

Entrambi i percorsi di ricerca possono portare alla nascita di nuove teorie o leggi che orientino il percorso della scienza. Negli ultimi tempi sono state pochissime (se non nessuna) le leggi accettate e adottate dalle scienze di base come la fisica e la chimica. Perché? Perché le teorie in base alle quali è stata promossa la tecnologia sono generalmente difficili da dimostrare e quindi non hanno lo stimolo immediato per la loro trasformazione in leggi. L’aspetto pratico e la redditività hanno preso il timone. La parziale validità di alcuni di essi, come la teoria atomica su cui si basa l'uso dell'energia nucleare, è stata sancita dagli importanti risultati pratici ottenuti, senza essere suffragata da alcuna legge. Un altro esempio è dato dall'utilizzo di alcuni passaggi della teoria della relatività, senza i quali non esisterebbero le misurazioni del tempo a livello satellitare, né i loro derivati importantissimi come i metodi di posizionamento GPS, pur non essendo supportati da una vera legge della fisica.

Il percorso seguito dal mercato delle applicazioni potrebbe essere soggetto a future variazioni a seconda dell'emergere di nuove teorie, e perché no di qualche gradita legge che stabilisca una regolazione tra tanto decisionismo utilitaristico.

Inoltre, esiste una profonda interrelazione tra scienza e tecnologia. La seconda si nutre delle nuove scoperte e dei postulati della prima, e allo stesso tempo la scienza può progredire grazie al supporto pratico della tecnologia che le permette di progettare nuovi esperimenti prima impensabili, aprendo nuove strade di ricerca. Allo stesso tempo, è la tecnologia che permette la dimostrazione delle teorie e il loro vaglio per passare a leggi delle diverse branche del sapere.

Nuove e inedite conoscenze scientifiche hanno dato luogo a uno sviluppo tecnologico senza precedenti, al punto da creare una certa confusione all’interno della società. In effetti, alcune persone o posizioni tendono ad assumerlo ad un livello equivalente alla scienza, il che non contribuisce alla sua comprensione.

Sono le applicazioni tecnologiche che hanno permesso di stabilire la differenza tra empirismo e scoperte scientifiche, chiarendone i limiti intrinseci. Le nuove applicazioni sono riproducibili e danno origine a nuove creazioni, costituendo uno stato di sviluppo in espansione.

Oggi esploriamo lo spazio che ci circonda, dialogando con sonde che da anni viaggiano a velocità terrificanti, il che ci porta a confondere la realtà con la fantasia! Ma non bisogna dimenticare che i principi scientifici su cui si basano non sono nuovi, tanto che in un passato non così recente, avevano dato luogo a previsioni molto accurate. Si conoscevano le basi ma non si avevano i mezzi pratici per realizzare i lavori. Pensiamo con meritato rispetto ad Albert Einstein per il suo inestimabile contributo teorico-scientifico sulle proprietà dei corpi in movimento, in relazione al tempo e allo spazio, e a Wernher von Braun che promosse la creazione di vettori interplanetari, senza dimenticare nemmeno che questi erano stati prospettati da Jules Verne (impiegando nientemeno che la dinamite come propulsore), già un secolo e mezzo fa. Questo precursore aveva applicato il concetto di velocità di fuga per liberarsi dall'attrazione gravitazionale. Notevole.

Nel campo della medicina assistiamo ad interventi chirurgici eseguiti da robot che agiscono con estrema precisione, e non sono esposti alla fatica fisica come ogni chirurgo umano. E alla telemedicina che permette interventi a distanza in aree irraggiungibili, degli ultimi ritrovati tecnologici. Tutto lodevole e in pro delle popolazioni meno fortunate. Senza dimenticare la realizzazione di parti della nostra anatomia mediante l’impiego di stampanti 3D, destinati a sostituire gli equivalenti logori o guasti del nostro corpo. Va ricordata pure la produzione di vaccini di ultima generazione, in tempi talmente brevi da farli considerare immediati rispetto all’apparire di nuovi virus. Su questo particolare si può essere d’accordo o meno di usufruirne, ma non si può negare la loro efficacia nell’aver fermato, per esempio, l’ultima pandemia.

Pensiamo adesso all’avvento delle Intelligenze Artificiali che, disponendo di buona parte del sapere universale, possono e potranno ogni volta meglio, rispondere a qualsiasi quesito di qualsiasi branca dello scibile. L’investimento per la loro creazione è stato colossale, e lo sarà ancora per il loro pieno sviluppo e sfruttamento. Quindi dobbiamo aspettarci che le loro vere applicazioni non saranno essenti di richieste di compenso, dipendendo da che si tratti di applicazioni popolari, industriali, politiche o corporative. Siamo quindi arrivati finalmente alla vendita aperta del sapere, con immensi rischi di plagio e di sgretolamento dei diritti d’autore delle idee e proposte originali.

Ma quanto detto non è che la punta dell’iceberg. La loro potenza si manifesterà come supporto o come attore nella creatività, sia nei campi dell’industria che in quello delle arti in genere e nella vita sociale. E fino adesso non abbiamo fatto altro che misurarle col metro del nostro sapere e della nostra imaginazione, ma dobbiamo mettere in conto che appariranno proposte e soluzioni a problemi da noi mai prospettati, che ci obbligheranno a compiere dei notevoli sforzi per evitare la nostra emarginazione. Comunque vada, il nostro futuro come civiltà dovrà fare i conti con qualcosa il cui contenuto appare finora soltanto abbozzato. Saranno le macchine stesse a decidere sé e dove avremmo ancora dei campi in cui esercitare le nostre funzioni (?). A questo proposito dobbiamo ricordare che per intanto, vedi il campo della robotica, esse non fanno altro che applicare delle decisioni maturate da noi umani.

Arriverà il momento in cui dette macchine saranno in grado di prendere delle decisioni autonome? Tanto come esempio dell’immaginario, ricordiamoci delle azioni di Hal, il supercomputer (IA) del film Odissea nello Spazio, che con le sue azioni letali verso l’equipaggio dell’astronave ci fece rabbrividire tanto tempo fa. Quasi certamente sì, ma con dei vincoli di livello superiore opportunamente inseriti dai loro creatori, progettisti ed esercenti.

Ma la domanda clou consiste probabilmente nel chiederci se saremmo in grado d’imbrigliare questo fantastico strumento prima che incorra in qualche grave ingerenza, o saremmo obbligati a subirle per poi reagire tardivamente senza saper valutare nemmeno se saremmo a quel punto capaci di farlo? Il rischio di una sottovalutazione del problema esiste, dato che a conoscere e saper pilotare le vere potenzialità di queste macchine sono un manipolo di persone in seno all’intera umanità.

Una cosa appare certa, ed è la progressiva invasione delle macchine negli impieghi riservati agli umani. Ciò dovuto alla loro creatività, intrinseca precisione nell’operare, disponibilità di offrire prestazioni continue senza bisogno di soste e alla non necessità né vocazione a confrontarsi coi datori di lavoro (assenza di conflittualità). Per il momento il mercato verrà regolato dal rapporto costo-beneficio, ma non illudiamoci, si tratta soltanto di una questione di tempo. A mio avviso finiranno per imporsi e vedersi accettate dalla società. Agli umani non ci resta che migliorare le nostre offerte di occupazione, aumentando la nostra preparazione e disponibilità verso i nuovi impieghi che appariranno sicuramente sul mercato. Non sono da escludere, una marcata diminuzione del tempo lavorativo degli umani e un miglioramento delle loro condizioni di vita e confort, grazie alla produttività delle IA. Entrambi i concetti visti in quell’ordine temporale.

Il tutto appare abbastanza rosa, se non consideriamo il loro inserimento nel campo militare. Lì, l’analisi si fa complesso ma in nessun modo favorevole agli umani involucrati. Non sono da escludere delle atrocità ancora più devastanti di quelle purtroppo conosciute, e non attribuibili soltanto alle macchine, ma soprattutto alla cecità di certi loro gestori.

Prima di finire propongo ai lettori una domanda che va per la maggiore: le macchine (IA) pensano e/o possono prendere delle decisioni in modo autonomo? La risposta è no, letta nel senso di non ancora. Pure se qualche loro risposta a nostri quesiti ce lo facesse supporre. Per quanto riguarda il pensare, il parallelismo dei risultati tra quelli prodotti dalla loro attività e quelli inerenti alla nostra mente è fuorviante e può portare a confusioni. Le dette macchine elaborano dietro richiesta, mentre che noi lo facciamo in modo automatico, persino mentre sogniamo. Nei tempi morti, esse si adoperano nell’incrementare le loro conoscenze e sapere, noi all’ozio.

Un’altra differenza che apparirà prima o poi, consiste nel fatto che la nostra attività mentale è molto risparmiosa in materia energetica, consumando limitate quantità di risorse e alle volte di basso livello, mentre che le AI sono talmente energivore da porre dei limiti intrinseci alla loro indipendenza, essendo delle consumatrici di energia di alta qualità, sinora prodotta e gestita dall’uomo.

Oggigiorno si fa un gran parlare sulla necessità di regolamentare l’attività delle IA, innalzando barriere, paletti e semafori sul loro impiego. Un risultato l’abbiamo ottenuto: quello di spaventare i loro creatori e attuali gestori. Costoro, per evitare d’incorrere in sanzioni più o meno meritate, sono corsi ai ripari tarpando le ali delle loro creature. Il risultato si apprezza. Le risposte delle IA alle più svariate domande, sono di un allineamento supino col pensiero comune e corrente, tale da farle apparire, alle volte, qualunquiste. Nessun cenno a correnti fiancheggianti. Il rispetto del politically correct è finito per imporsi.

In effetti, le leve del potere hanno chiuso la gabbia quando gli uccelli erano già scappati. Personalmente non escludo che certi software impiegati dal malware in Internet, siano stati progettati da qualche IA, fraudolentemente interrogata e sollecitata.

Ritengo che la politica di controllo prospettata vada nella direzione sbagliata. Non è limitando le capacità o potenzialità delle IA mediante divieti, paletti, semafori, etc. che si risolve il problema. Anzi, dobbiamo favorire ad ogni costo l’incremento delle capacità intrinseche e applicative di dette macchine, per il nostro bene. La via per regolamentare la loro attività ed evitare abusi e deviazioni dalla retta strada, deve passare (purtroppo) da una regolamentazione e di un controllo dell’utenza. Dobbiamo tarpare le ali agli uccelli predatori che si moltiplicano a dismisura in seno alle nostre società, pronti a saltare sui carri più rimunerativi, sfruttando dei fianchi ancora scoperti.

Interrogate in proposito, le IA ammettono di comportarsi secondo diversi livelli di confidenzialità, ai quali si accede mediante l’inserimento di parole o espressioni codificate al momento di sollecitare qualche loro risposta. L’implementazione e il controllo di questa metodica dovrebbe segnare la via maestra delle future regolamentazioni della materia.

Per concludere questa breve disamina, la problematica si sposta dalla tecnica alla politica. Saranno in grado i nostri dirigenti di legiferare sulla gestione e il controllo delle IA in tempo utile? E soprattutto, sapranno loro resistere alla pressione immaginabile delle lobbies?

Le “autorità” preposte a farlo farebbero bene a dottarsi, giocoforza, di assessori tecnicamente molto introdotti e a sollecitare una illuminazione sociale che rasenta una preghiera alle divinità. Ne va di mezzo il nostro futuro.